La notte ancora troneggiava sui monti e le stelle, sue suddite, vegliavano silenti.
Ancora con gli occhi quasi chiusi mi avviai, passo sostenuto, addentrandomi nell’oscurità del crepuscolo.
Gli alti abeti svettavano , come sagome nere mi guardavano dall’alto.
Passo dopo passo , nei miei pensieri una speranza resisteva e cresceva.
Pensai, reduce da tanti fallimenti, che sarebbe restata soltanto una speranza, ma non mi arresi, il cedrone era in amore e prima o poi sarei riuscito a fotografarlo in arena.
Pazienza, dedizione, conoscenza e fortuna un giorno dovranno collimare e far avverare questo desiderio.
La neve, ormai ridotta a sparute chiazze, mi scrocchiava sotto i piedi, rompendo i silenzio surreale della notte.
Sotto un vecchio abete rosso m’attendeva il mio capanno, quasi gelato nel nero della foresta.
Mi sdraiai sul nudo terreno all’interno del piccolo capanno, l’umidità ed il freddo mi entrava nelle ossa, mentre paziente attendevo.
Lontano si udivano gli ovattati lamenti della civetta capogrosso, quasi uno spettro nelle tenebre.
Alti larici e faggi, come enormi pendoli, dondolavano assieme al vento e scricchiolavano raccontando la storia che esso li portava da lontano.
Nel frattempo me ne restai con l’orecchio teso ad ascoltare, ogni rumore pareva amplificato nel silenzio notturno.
Il cielo, molto lentamente, schiariva ed io attendevo, sentivo solo qualche pettirosso che si sgolava per l’alba appena nata.
D’un tratto uno schiocco attirò la mia attenzione.
Mi alzai , chiusi gli occhi, come per sentir meglio, ma non sentii più niente; sarà stato lo scricchiolio di qualche albero od il vento che si burlava di me, mi ricoricai.
Poco dopo ecco un altro schiocco, mi rialzai, richiusi gli occhi … Eccolo! Cantava il cedrone!
Sorrisi, era da tanto tempo che non lo sentivo.
Era ancora in pianta e cantava frenetico, lo sentivo chiaramente.
Più si faceva giorno e più faticavo a sentirlo per quanti canti risuonavano nell’alba, pettirossi, cince di tutte le specie, merli, tordi bottacci, tordele, scriccioli, picchi e molti altri in un chiassoso concerto mattutino nel quale le mie orecchie si perdevano ed il cedrone si confondeva.
Non lo sentivo più!
Attesi, il giorno si schiariva e le mie speranze si affievolivano.
Ecco un frullo di ali che che proveniva da dietro ad un dosso e subito perlustrai il bosco con il binocolo e lo vidi in parata a terra.
Cantava d’amore alla primavera, pavoneggiandosi sotto la vecchia foresta.
D’incanto si riempirono i miei occhi e i miei pensieri divennero lieti, è un privilegio per pochi poter ammirare le danze amorose del gallo cedrone.
Cantava con il collo proteso verso le fronde dei possenti abeti in cerca delle sue amate che ancora attendevano nascoste ad osservare.
La coda aperta a ventaglio, grande, nera, un trofeo da ostentare; pareva dicesse: “guardate mie amate! Guardate che coda! Guardate che colori! Non ne trovate come me!” , ed in effetti il vecchio gallo aveva ragione, era lui l’alfa.
Continuava ad andare avanti ed indietro parzialmente nascosto da un piccolo dosso ed abbastanza lontano, nessuna occasione di foto, ma non me ne importava, mi stavo beando in quel ancestrale rito di primavera, la parata nuziale del gallo cedrone.
Dietro al mio capanno avvertì un altro canto di cedrone, a pochi metri, nascosto da un intrigo di rami.
Si vedeva a malapena, aprii la finestrella del capanno, piano piano per non farmi sentire.
Fece qualche passo in avanti facendosi ammirare, magnifico!
Scattai una foto dopo l’altra, non potevo crederci.
Un maschio adulto a pochi metri da me, potevo notare tutti i particolari della sua livrea, le varie tonalità di nero, dal più profondo della notte scura, a quello più tenue screziato di grigio, il verde del pino cembro ed il rosso infuocato delle caruncole sopraciliari gonfie d’amore.
Vi era una piccola zona bianca sul collo, probabilmente una vecchia beccata di un un suo rivale, lo soprannominai ciuffo bianco.
Da un’po’ non tenevo d’occhio il maschio alfa, quando eccolo apparire davanti a me cantando iracondo, la presenza di ciuffo bianco lo infastidiva!
Riuscì solo con lo sguardo a ricacciarlo al suo posto, più in su ai margini dell’arena.
L’alfa soddisfatto continuò a dar spettacolo a pochi metri da me.
Gonfiava il petto e sembrava perso in una sorte di trans tra l’eccitato ed il rabbioso.
Schiocco dopo schiocco, soffio dopo soffio riempiva l’aria di quella mattinata.
La sua attenzione, d’improvviso venne attratta da qualcosa che ancora era celata ai miei occhi di umile spettatore e cominciò, di passo svelto, a discendere il pendio boscoso.
Il suo canto divenne sempre più concitato e ben presto capii il motivo di questa strana frenesia.
Presi il binocolo e vidi una femmina, quasi invisibile talmente mimetica che era; l’alfa gli danzava attorno ed a lei pareva non interessare o almeno non lo dava a vedere.
Ci vollero svariate danze e pavoneggiamenti del maschio per far avvenire l’accoppiamento.
La femmina si fermò davanti al maschio accovacciandosi al suolo e si concesse.
Poco più in là attendevano altre femmine desiderose, il maschio le seguì e sparì ai miei occhi dietro un dosso.
Nel frattempo era riapparso ciuffo bianco, come se avesse ripreso coraggio, probabilmente aveva notato le femmine.
Non passò troppo tempo e le ire del maschio alfa ritornarono, le femmine erano da poco scomparse.
I due maschi si sfidarono gonfiando il collo ed emettendo il loro caratteristico verso di sfida, il worgen, verso simile ad un grugnire gutturale.
Sempre più arrabbiati i due galli partirono con frustate d’ali che rimbombavano in tutto il bosco e si sferravano vicendevoli beccate, una sfida che andava ben oltre al rituale, ma il maschio alfa per quella giornata era già soddisfatto e ben presto se ne andò lasciando in pace ciuffo bianco che tornò a cantare a pochi metri da me.
Era così vicino che ad ogni schiocco del suo canto ne avvertivo le vibrazioni, quasi come se quel canto provenisse dall’interno del mio capanno, ma nel contempo mi entrava nell’anima, nel vecchio bosco insieme al cedrone!
Lo scorrere del tempo era annullato, il respiro della foresta mi parlava ed io ascoltavo in silenzio.
Le danze finirono, le sfide si conclusero, la generazione futura assicurata e tornò il silenzio nel vecchio bosco.
Me ne ritornai a casa, ripercorrendo i miei passi impressi nelle sparute macchie di neve di quella giovane primavera e pensai a quanti ancora ne dovrò fare, in questo mondo di valli impervie e vecchi boschi e ne fui lieto.
Ci rivedremo vecchio maschio alfa! Ci rivedremo ciuffo bianco!