Il lupo è l’incarnazione di ciò che di più selvaggio e misterioso si aggiri nella foresta.
E’ uno dei simboli più importanti di spirito libero, il selvaggio come ideale di vita primordiale.
Incriminato spesso di predare le greggi, spinto dalla fame e dalla facile disponibilità di queste addomesticate prede, questo suo comportamento ha fatto sì che, la sua fama non sia delle più buone e i rapporti tra uomo e lupo andarono via via peggiorando.
Una caccia indiscriminata ne minacciò pesantemente la sua popolazione in tutta l’Europa fino a che fu inserito tra le specie protette a livello europeo.
Attualmente il numero di lupi è in graduale salita ma in difficile equilibrio di convivenza con la sempre maggiore antropizzazione dell’Europa.
Esso rappresenta una sfida e nel contempo uno dei selvatici più ambiti da un fotografo naturalista, quindi mi reputo fortunato ed onorato ad averlo potuto immortalare nel suo ambiente.
Era un pomeriggio di settembre, quei pomeriggi con in mente solo una cosa, il bramito del cervo.
Io ed un mio amico, In punta di piedi ma di buon passo, entrammo nella foresta alpina con i pesanti zaini appresso, colmi non solo di costosa attrezzatura, ma anche di speranza.
Man a mano che ci avvicinammo al punto designato d’osservazione, l’impazienza aumentava e con essa, come spesso accade, la velocità dei passi, quasi una corsa, era troppa la voglia di avvistare i grandi ungulati in amore.
Sulla neve caduta i giorni prima erano tante le impronte; una lepre passata la notte, una volpe che forse inseguiva l’ignara lepre, piccole impronte di arvicole e scoiattolo.
Poco più avanti una traccia spiccava su tutte le altre: forse era il lupo! Sì, era proprio lui, un lupo solitario passato la mattina aveva tracciato la sua via sulla neve.
Tra di noi pensammo: forse sta sera fotografiamo il lupo! Ma sono quelle cose che pensi ma non ci credi mai, lo pensi quasi scherzando.
Arrivammo in una radura, le tracce del lupo sembravano ci seguissero.
Ci fermammo sotto un grande abete rosso, in un appostamento mimetizzato settimane prima per osservare il bramito del cervo.
Finalmente appoggiammo a terra i pesanti zaini ed iniziammo la lunga e quasi religiosa attesa.
Il primo nevischio imperversava fremente d’inverno, mentre i larici gradualmente lasciavano il verde estivo e di rosso si tingevano spogliando al vento gelido le proprie fronde.
Possenti cirmoli miravano la vallata circostante ed un ciarlare chiassoso di nocciolaie accompagnava i lontani bramiti dei cervi in fermento.
Passavano le ore e i bramiti dei cervi sembravano sempre più allontanarsi, inghiottiti dalla foresta.
Pochi spiragli di sole fendevano le cupe nubi autunnali e per pochi attimi sembravano riscaldarci, ma erano solo dei flebili spiragli che poco dopo se ne andarono e riprese a cadere una debole neve, tra smorzati mulinelli di gelida aria.
La tensione era papabile nell’aria ed infatti entrambi venimmo ripetutamente tratti in inganno da varie ceppaie e massi, che magicamente divenivano cervi.
Ad un tratto la quiete venne spezzata, il mio compagno d’avventura traguardò con l’obbiettivo della sua macchina fotografica e pronunciò la fatidica frase: Il lupo! C’è il lupo!
Non ci credetti, sicuramente era una burla.
Ma iniziò a scattare e continuò, in un misto di agitazione e tremore da freddo, a dire: C’è il lupo, il lupo, il lupo!!!!
Non lo vedevo e cercai di farmi spiegare dove si trovava questo fantomatico lupo, ancora incredulo:
E’ là vicino a quel larice sul ciglio del bosco!!!
Metà degli alberi sul ciglio del bosco erano dei larici, ma finalmente riuscii ad avvistarlo!
Era proprio lui il lupo tranquillo e per niente intimorito dalla nostra presenza, evidentemente eravamo mimetizzati a regola d’arte.
Scattammo una foto dopo l’altra, il freddo era pungente, tremavamo, le mani non le sentivamo più ma non potevamo staccarle dalla macchina fotografica e smettere di scattare.
Ad un tratto il giovane lupo si alzò e subito pensammo che volesse scappare e invece no, iniziò ad avvicinarsi forse incuriosito dal rumore degli scatti.
Arrivò a una ventina di metri o forse meno! I suoi occhi profondi tentavano di individuarci, era un giovanotto curioso.
Eravamo lì che guardavamo negli occhi ad un lupo, che se ne stava tranquillo tra i rododendri e si accucciava un’altra volta.
Continuava a fissare nella nostra direzione, profondi occhi giallastri ed un’espressione che sembrava sorridente, trasmetteva una quiete magica alle nostre tremolanti persone.
Forse era il momento più freddo di quella giornata, ma non ce ne importava!
Tutto sembrava fermo in una bolla incantata, un nonnulla sarebbe bastato ad infrangere questo incantesimo, noi ed il lupo ci fissavamo ed il freddo, gli alberi, la neve tutto quanto annullato e scomparso.
Si alzò nuovamente e fece altri passi per poi sparire nel profondo del bosco.
L’emozione fece scendere una lacrima di gioia sul volto del mio compagno d’avventura; il lupo era sempre stato il suo animale preferito fin da bambino e il suo più grande sogno si era realizzato!
La sera avanzava, ce ne siamo stati un altro po’ in osservazione, ancora increduli ed immensamente felici, quando eccolo di nuovo apparire in fondo alla radura.
Aveva un ossicino in bocca e girovagava con aria soddisfatta tra i bassi rododendri.
Probabilmente non lontano nascondeva una predazione, forse uno sfortunato cervo e dentro di me pensavo che era fantastico e che tutto era come doveva essere, preda, predatore.
Era tutto perfetto e mi crogiolavo nel respiro incantato della foresta.
La sua apparizione questa volta fu breve e presto se ne tornò al sicuro nel bosco, ma prima dette un altro fugace sguardo verso di noi, come se ci salutasse e ci dicesse: Ciao, a presto!
La notte pian piano calò il suo sipario sull’alpe e noi tornammo a valle grati e col pensiero che forse il lupo questa volta si è lasciato fotografare non perché non ci ha visto, ma al contrario.
Ha voluto farci solo capire che non ci teme e come un regalo si è mostrato, conscio che non eravamo una minaccia.
Perciò grazie lupo, a presto!