Da poco più che bambino sono sempre stato spinto ad osservare, munito di binocolo e taccuino, i segreti che si celano nella foresta e sui monti: Caprioli, cervi, volpi, camosci, avifauna, fiori, funghi, piante; un mondo brulicante di vita. Forse ho passato più tempo nel bosco che sui libri di scuola, anzi senza ombra di dubbio!
Tuttora sono convinto che le ore passate a vagabondare tra abeti, prati e monti non siano stati momenti gettati al vento ma tutt’altro e sono contento che non ho mai perso questa dedizione che ho per la natura, anzi è accresciuta con la fotografia naturalistica. Persino il lavoro che ho scelto, dopo aver concluso faticosamente gli studi, si svolge nel bosco e credo che senza le montagne ed il bosco mi troverei perso!
Mi ricordo tutti gli appostamenti, le ore passate in trepidante attesa, il freddo, il caldo, la neve, la pioggia: sempre nel bosco alla ricerca di nient’altro che quiete nella quale avvolgermi e svuotare la mente. Svuotare la mente dai piccoli problemi quotidiani, che lì per lì sembrano insormontabili, ma che poi vengono ridimensionati, quasi cancellati! E’ questo l’effetto delle mie montagne ricoperte dalle foreste, nella mia amata Valle di Fiemme e comunque la natura in tutte le sue forme ti fa capire che in fondo bisogna goder per ciò che si ha e mai disperarsi, per quanto possibile, per ciò che non si ha.
Ho sempre nutrito uno spinto desiderio di entrare nel bosco e salire le montagne da esso ricoperte, carpendone tutti i segreti, ascoltando tutte le storie che questo mondo ha da narrare. Infondo basta imparare ad ascoltare e non solo sentire, basta imparare ad osservare e non solo vedere. Ogni istante passato nel bosco è un piccolo gioiello da conservare nel cuore ed ogni creatura che in esso trova dimora testimonia la sua bellezza. Una fra le tante creature di maestosa bellezza che dimorano nel bosco è il cervo, non per niente viene detto cervo nobile e chi meglio di questo splendido animale può fare le veci del nobile?
Chi, ad esempio, non ha mai visto la favola di Bambi? Suo padre, possente cervo, era il re del bosco non a caso. Pensiamo, per fare un altro esempio, che, da tempi immemorabili, innumerevoli stendardi e stemmi di casate richiamano il cervo. Fierezza, possenza, nobiltà, gloria! Questo è il cervo! Tanti ricordi mi evoca questo fiero selvatico, come quel giorno che riuscì per la prima volta a catturarne un immagine, immagine che per me ha molti significati: era la mia prima foto ad un cervo che bramisce e in più utilizzavo la mia prima reflex digitale la Canon 550D.
Quello stesso anno assistetti anche all’accoppiamento e ad una poderosa battaglia che si svolse tra due maschi, ed il tutto a pochi metri da me, Splendido!! Un altra volta sono rimasto quasi pietrificato da un maschio adulto che si materializzò alle mie spalle ad un metro, bramendo verso il cielo stellato; mi si gelò il sangue nelle vene. Oggi voglio raccontarvi di una grande serata, nella quale ho avuto la fortuna di togliermi una grossa soddisfazione. Spero che il racconto susciti in voi almeno una parte delle forti emozioni che ho provato quella sera.
Da sempre il cervo rappresenta una preda ambita da molti fotografi naturalisti, ed un periodo speciale per poter ambire a tale incontro è il periodo degli amori che cade grossomodo l’ultima decade di settembre fino a metà’ ottobre. In questo periodo i maschi ricercano le femmine in calore e i più fortunati raggruppano un proprio harem che radunano in una determinata “zona bramito”. Si sfidano tra di loro a suon di rochi bramiti ed ogni tanto ad incornate esibendosi in una gara di forza che raramente ha conseguenze fisiche. Anch’ io, come molti fotografi, in questo periodo sono trepidante ed ogni giorno spero di poter acchiappare qualche immagine provando sul campo la mia nuova Canon 6D, comprata appositamente per utilizzarla in situazioni di luce scarsa oltre che per paesaggistica.
Quest’ anno ho posizionato il mio capanno in una zona che spero sia quella giusta infatti era da settimane che seguivo le mosse di alcuni cervi. Sera dopo sera, con caparbietà, mi recavo nel posto designato, speranzoso. Non tornavo mai con una foto, seppur i cervi si facevano sempre vedere, ma sempre o troppo lontani o con luce ormai assente. Anche quella sera , dopo lavoro, mi recai al mio capanno e come sempre i cervi iniziavano a farsi sentire. Ero di buon umore e pieno di speranza:” riuscirò a far una foto decente questa volta? ” pensavo dentro di me. In cuor mio sapevo che la mia tenacia prima o poi verrà premiata.
Tutti i fotografi naturalisti degni di tal nome sanno cos’è passar giorni anche di deludente calma, prima di ottenere il risultato sperato e la tenacia è la parola chiave nelle fotografia naturalistica. Dico sempre che il risultato ottenuto con una buona foto naturalistica è il premio che spetta alla paziente tenacia di un bravo fotografo. E’ vero … anche un po di fattore “C” alle volte ci vuole 🙂
Nelle ore di attesa adoro ascoltare le voci del bosco, sembra sempre di esser soli ed invece basta ascoltare con attenzione e ci si rende conto di essere circondati da vita…quella sera il solito picchio nero svolazzava fischiando di abete in abete, tra le ceppaie di vecchie piante lo scricciolo vociferava e le acque di un piccolo corso d’acqua scendevano a valle. Intanto tutto intorno a me era un rimbombare di voci adirate di cervi, ma non uno nelle mie immediate vicinanze. Un via vai di nocciolaie che svolazzando strillavano, disturbate da chissà cosa, mi teneva compagnia. Una nuvola passeggera scaricava, per qualche minuto, goccioloni e poi andò; intanto un pettirosso zampettava su una fronda poco più in là’ del capanno.
Di tanto in tanto il cincischiare di cesene irrompeva frenetico tra le fronde degli abeti; svettanti colonne del cielo; e qualche merlo strideva indispettito da misteriose furtive ombre … forse cervi? quella era la mia speranza!
Si sentiva il respiro del bosco, è come una voce silenziosa che ti parla e ti culla…Parla di virgulti germogli di abete rosso che in primavera vestivano a festa la foresta, parla di rossi larici che tra poco ricopriranno malinconici di aghi l’alpe, parla di acque che brillanti discendono a valle parla… di vita.
Immerso in questo respiro, fantasticavo su scenari possibili: combattimenti tra cervi, accoppiamenti, mirabolanti palcuti a due passi da me. Ogni rumore era un sussulto del mio cuore. Ogni ceppaia, ogni masso si trasformava in cervo! Poco distante da me, sento che stava arrivando! E’ lui: il cervo!
Bramiva celato nel bosco, come un guerriero che combatte per amore; sempre più vicino! Smette di bramire per un po’, delusione…se ne andato! Invece no ed apparvero, come dal nulla, delle cerve. Le lasciai passare senza scattar foto pensando che verranno seguite dal maschio, ed infatti!
Tonante era la sua voce riecheggiante verso lontani avversari che adirati rispondevano. Si fermò, ansimò, tuonava possente. Non curanti le femmine passarono a pochi metri da me, ma la mia attenzione venne catturata dal giovane e stupendo esemplare che continuava nel suo chiassoso concerto facendomi provare un reverenziale rispetto di fronte a l’ancestrale rito che di anno in anno mi lascia sempre a bocca aperta.
Assistetti in silenzio, dietro la macchina fotografica che avevo già impostato ad hoc: iso 2500 (iso impensabile con l’altro corpo macchina in mio possesso: la Canon 1 D Mark III), per sfruttare la poca luce nel bosco; f 5,6 per sfruttare tutta la luminosità del mio Sigma 120 / 300 hsm os sport moltiplicato 2 x; 1/250 di sec per evitare immagini mosse dovute al movimento del cervo che bramisce. Scatto immagini di questa scena e il mio animo si riempì quasi esultando di felicità!
Fece alcuni passi, ne sentì l’acre odore nell’aria; si fermò ancora un ultima volta parzialmente coperto da alberelli , il tempo di farli un ultima foto e se ne andò lontano dalla mia vista seguendo il tanto bramato harem.
Non resistetti e guardai e riguardai le foto sul piccolo schermo della 6D, con un sorriso gigantesco a 32 denti che ancora adesso mentre scrivo non si è ancora spento. Lasciai che indisturbato si allontanasse sempre più’, uscì dal capanno e gongolante me ne tornai a casa salutato un ultima volta dal richiamo del picchio nero e dal profondo respiro della foresta.
Una volta a casa controllai soddisfatto le foto e mi sembrò di rivivere quei momenti ed e’ proprio questo il senso della fotografia: rivivere istanti di vita e condividere un pò della tua vita, di ciò che hai vissuto, con gli altri. Per questo motivo ho voluto condividere queste emozioni con voi e queste foto, come ripeto il senso della fotografia è, a mio avviso proprio questo: Condivisione! Qualsiasi fotografia può piacere o no, ma non esiste peggior foto di quella tenuta solamente per se!
Infine concludo con due riflessioni una che un giorno mi disse un sacerdote, che ho sempre tenuto in considerazione e come base per la mia passione naturalistica. Lui mi disse: “prendete una pietra. Vedete, a prima vista è una fredda e poco attraente pietra; ma se la mettete sotto una lente di ingrandimento vi accorgerete di quanti colori, cristalli, disegni e rilievi in essa ci siano e tutto questo in una piccola pietra. Proporzionate quella piccola pietra al mondo e vi renderete conto di quanto incredibile esso sia!!!” L’altra riflessione me la disse un amico fotografo e cioè che non siamo noi che troviamo l’animale selvatico, ma e lui che decide di mostrasi a noi per farci un dono ed infondo credo sia vero…grazie cervo per questo dono! Grazie Bosco!